Generazione Z e dipendenze: l’Italia le affronta, la Grecia le nasconde
Un confronto sociologico tra due società in bilico tra silenzi, nuove sostanze e dipendenze comportamentali
di Evangelos Alexandris Andreuccio
In Italia, la fotografia della Società Italiana Patologie da Dipendenza (Sipad) scatta un’immagine inquietante: un giovane su quattro della Generazione di ragazzi “si sballano regolarmente”.
Solo nell’ultimo anno sono state identificate 79 nuove sostanze psicoattive, mentre oltre 160.000 studenti tra i 15 e i 19 anni risultano poli consumatori, cioè utilizzatori di più droghe contemporaneamente — cannabis, nicotina, alcol, e sempre più spesso cocaina o farmaci ad uso improprio.

Internati digitali
Questi dati non raccontano soltanto numeri, ma un cambiamento culturale profondo. La Gen Z italiana — iperconnessa, fragile e immersa in una realtà digitale dove la pressione sociale si misura in like e visualizzazioni — manifesta un disagio che non si esprime più in forme ideologiche o di protesta, ma attraverso il corpo, l’eccesso, la fuga, l’isolamento ipnotico e autodistruttivo.
L’emergenza silenziosa
La Sipad parla apertamente di una “emergenza sanitaria silenziosa”. In Italia, circa 5 milioni di persone sono a rischio dipendenza: 4 milioni abusano di alcol, un milione ne è già vittima, e le donne consumatrici sono aumentate dell’80% in dieci anni. Le dipendenze non sono più solo chimiche: il 1% dei pazienti dei SerD (Servizi pubblici per le Dipendenze) è affetto da dipendenze comportamentali, legate a gioco d’azzardo, internet, social media e sesso. Fenomeni che, secondo gli esperti, stanno crescendo rapidamente, sommersi sotto l’apparenza della normalità digitale.
Italia: istituzioni vigili ma sopraffatte
L’Italia, pur con tutte le sue difficoltà, riconosce il problema e lo misura. Esistono centri pubblici e comunità terapeutiche che trattano oltre 135.000 persone ogni anno, e un sistema di monitoraggio che, pur incompleto, fornisce dati verificabili. Il dibattito è aperto, spesso aspro, ma reale: la questione delle droghe e delle dipendenze viene discussa nei media, nelle scuole, nelle famiglie.
Grecia: il sommerso che non emerge
In Grecia, invece, il fenomeno è meno visibile ma non meno grave. Le dipendenze comportamentali — in particolare quelle da internet, gioco online, social network e pornografia digitale — stanno crescendo rapidamente, specialmente nelle aree urbane e turistiche, dove i giovani vivono in un costante stato di “connessione forzata”.
Il problema è che le istituzioni greche non dispongono di un sistema di monitoraggio credibile o aggiornato. I dati ufficiali sono frammentari, spesso superati, e non tengono conto delle nuove forme di dipendenza digitale che attraversano la società post-pandemica.
Mentre in Italia si parla di “nuove sostanze”, in Grecia il tema resta confinato nel privato, nel tabù, nel silenzio delle famiglie. Si cerca rimedi tradizionali tra la religione e la psicologia, senza contatto con realtà istituzionali e scientifiche. I ragazzi greci vivono lo stesso malessere dei loro coetanei italiani, ma lo nascondono meglio, perché il sistema sociale non offre canali di ascolto, né strumenti terapeutici adeguati. Lo riscontriamo tutti i giorni proponendo soluzioni immediate a problemi già risolti abbondantemente sul piano scientifico e pratico ma la mentalità media scarta a priori e rifiuta le innovazioni, preferendo la staticità mentale dell’immobilismo.
Una generazione in fuga da sé
Sia in Italia che in Grecia, la Generazione Z si trova di fronte a un vuoto di senso. L’assenza di prospettive, l’ansia da prestazione e l’identità liquida dei social producono una forma di alienazione dolce, anestetizzata, priva di senso che guida nell’isolazionismo individualista degradante tipo hikikomori. Le droghe chimiche e le dipendenze digitali sono due volti della stessa medaglia: la ricerca di controllo in un mondo incontrollabile.
Verso una socioterapia mediterranea
Forse il Mediterraneo, culla antica del pensiero e della misura, può ancora proporre una via alternativa: un modello socioterapeutico italoellenico, che metta al centro la comunità, l’ascolto, la parola condivisa, la solidarietà praticata per mezzo delle relazioni sociali e dell’amicizia.
Se l’Italia mostra il coraggio del confronto pubblico e la Grecia la profondità del vissuto silenzioso, l’incontro delle due culture potrebbe generare un percorso educativo nuovo — non punitivo ma rigenerativo — per una generazione che ha bisogno, prima di tutto, di essere riconosciuta.
Per tentare questa via però occorre che i professionisti consulenti comportamentali si aprono alla società civile in maniera organica ed efficace per offrire servizi semplici immediati diretti ad ogni persona disponibile alla partecipazione civica per la creazione di una società civile sana e progressista, impegnandoci tutti nel percorso evoluzionistico di miglioramento comportamentale singolo e collettivo.
Evangelos Alexandris Andreuccio
Consulente comportamentale, educatore.
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