Vacanze estive in Italia: un’abitudine che scompare
Tra Italia e Grecia, due modi diversi di vivere il mare
di Evangelos Alexandris Andruzzos
L’estate 2025 ha rivelato in Italia una realtà sorprendente: le vacanze estive tradizionali, quelle che un tempo rappresentavano il cuore dell’esperienza familiare, stanno progressivamente scomparendo. Sempre meno italiani possono permettersi soggiorni di più giorni al mare, e le spiagge si riempiono soprattutto nei fine settimana. Durante la settimana, invece, sono soprattutto i turisti stranieri – tedeschi, francesi, scandinavi, polacchi, ma anche americani – a occupare gli stabilimenti balneari della penisola.
Questo fenomeno racconta una trasformazione sociale che non riguarda solo l’Italia, ma che suscita inevitabilmente confronti con la Grecia. Da un lato, in Italia gli albergatori e i gestori degli stabilimenti denunciano il declino della classe media: «Vediamo scomparire i nostri clienti storici», spiega Simone Battisttoni, titolare del Bagno Milano in Romagna. Dall’altro lato, in Grecia, nonostante le difficoltà economiche, la dimensione della vacanza conserva ancora una forte impronta familiare e comunitaria, con un uso più diffuso delle spiagge libere e una maggiore flessibilità nei costi.
Secondo Eurostat, oltre 18 milioni di italiani non possono permettersi nemmeno una settimana di ferie. I salari, fermi ai livelli degli anni ’90, e il costo crescente della vita rendono le vacanze un privilegio più che un diritto. In Grecia, pur in condizioni economiche paragonabili, la tradizione della “paralia” come spazio pubblico, molto spesso versione selvaggia n natura senza alcuna comodità a pagamento, senza rapporti commerciali di consumo di massa, resiste molto più che in Italia, dove la privatizzazione delle coste ha raggiunto livelli impressionanti: in regioni come Liguria, Emilia-Romagna e Campania, fino al 70% della spiaggia è occupata da ombrelloni e lettini a pagamento e orde di invasori che ricordano paesaggio cinese. A Napoli, su 27 chilometri di costa, solo 200 metri restano liberi e questi vicino ad acqua inquinate!
Il costo medio di un ombrellone in Italia supera i 200 euro la settimana e può arrivare fino a 1.500 euro al giorno in località esclusive come Forte dei Marmi. Al contrario, in Grecia il mare rimane molto più accessibile: accanto agli stabilimenti organizzati, anche molto rinomati nel mondo intero e pieni di VIP e finti tali, i cittadini hanno ancora la possibilità di vivere le spiagge libere, mantenendo quel rapporto diretto e naturale con il mare che in Italia si va perdendo.
Il dibattito si intreccia anche con la politica. Il governo Meloni – Salvini, succube dei rapporti clientelari con i balneari, i concessionari e operatori del settore, ha rinviato al 2027 la riforma delle concessioni balneari imposta dall’Unione Europea, suscitando critiche da chi accusa l’esecutivo di offrire un’immagine turistica da cartolina, che non riflette le difficoltà reali della società italiana che si impoverisce sempre più diventando il fanalino di coda in Europa, prendendo il posto tradizionale della “povera” Grecia..
L’Italia e la Grecia, unite dal Mediterraneo e da secoli di scambi culturali, mostrano oggi due modi diversi di vivere l’estate: l’una segnata da un modello balneare privatizzato e da un declino della classe media, l’altra ancora legata a una dimensione popolare e collettiva della vacanza. In questo confronto si apre uno spazio di riflessione comune: riusciranno le due società mediterranee, sorelle gemelle per tanti aspetti storico-culturale, a preservare l’estate come tempo di vita in qualità, benessere condiviso e accessibile a tutti, senza condizionamenti economici stringenti e proibitivi per la stragrande maggioranza dei propri cittadini, costretti a cercare sole e mare al terzo mondo con turismo industriale di plastica, senza cultura e socialità?

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