Θηρασία (Santorini): le impronte di sigillo di 4.500 anni fa riscrivono la storia della scrittura nel Mediterraneo

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Θηρασία (Santorini): le impronte di sigillo di 4.500 anni fa riscrivono la storia della scrittura nel Mediterraneo

di Evangelos Alexandris Andreuccio – FILO ITALOELLENICO

(Dalle mie precedenti ricerche sulla continuità grafologica tra Lineare A, Lineare B e la lingua omerica, ricevo conferme archeologiche in questi giorni, come già accaduto tante altre volte in passato sulle mie deduzioni logiche)


Un “anello mancante” nell’Egeo del III millennio a.C.

Nel piccolo villaggio preistorico di Κοίμηση, Koímisi (Θηρασία), un team di archeologi guidati da Kostas Sbonias, Iris Tzachili e Georgia S. Kordatzaki ha portato alla luce due impronte di sigillo risalenti al 2700-2300 a.C., incise su un manico di vaso prima della cottura. Questi reperti, denominati THS.1 e THS.2, potrebbero rappresentare il primo tentativo di sistematizzazione grafica nel mondo egeo, anticipando di 300-400 anni le prime attestazioni di scrittura minoica (geroglifici cretesi, 2000 a.C.).

La scoperta, pubblicata nel 2025 nello studio “Impronte di sigillo dell’antica età del bronzo a Thyrasia”, riaccende il dibattito sull’origine autonoma della scrittura greca, senza ricorrere al mito del “prestito fenicio”.


THS.1: simboli organizzati o proto-scrittura?

L’impronta THS.1 mostra tre file di segni astratti, alcuni simili a foglie, spirali o figure stilizzate. La disposizione ordinata suggerisce un tentativo di trasmettere informazioni—forse proprietà, contenuto del vaso o un messaggio simbolico.

  • Analisi dei segni:

    • Alcuni simboli ricordano varianti arcaiche dei geroglifici minoici (es. il segno a “foglia” ricorre nel repertorio cretese).

    • La ripetizione di motivi evoca una logica combinatoria, simile alla successiva Lineare A (1700 a.C.).

  • Ipotesi:
    Se THS.1 non è ancora “scrittura”, dimostra però un salto concettuale dalla decorazione alla codifica. Come ho evidenziato nei miei studi in passato, i sistemi egei potrebbero aver sviluppato una grafia indigena, senza mediazione fenicia.


THS.2: arte e identità

La seconda impronta (THS.2) è decorativa: triangoli e meandri tipici dell’arte cicladica, parola che significa circolante, isole di circolazione a vista con piccoli battelli. Ciò conferma che le sigillature avevano anche una funzione estetica e identitaria, forse legata a gruppi artigianali o brevi rotte commerciali tra isole vicine (il vaso è in argilla di Nasso, posizione centrale e dominante nelle isole Cicladi).


La mia tesi: continuità grafologica nell’Egeo

Questa scoperta rafforza la mia ricerca sulla linea evolutiva autonoma della scrittura greca:

  1. Fase proto-simbolica (THS.1, III millennio a.C.): segni per proprietà/scambi.

  2. Geroglifici minoici e Lineare A (II millennio a.C.): sistemi complessi.

  3. Lineare B (miceneo) → dialetto omerico: adattamento della grafia minoica al greco, senza “rottura” fenicia e presunto prestito dal medio oriente di Cadmo, come voleva la letteratura ufficiale linguistica.

L’alfabeto “fenicio” (X secolo a.C.) è in realtà una semplificazione di caratteri greco-egizi diffusi nel Mediterraneo durante i secoli bui (1200-800 a.C.), come dimostrano i graffiti di Tell Deir ‘Alla (Giordania) con segni simili al greco arcaico.


Conclusioni: una rivoluzione mediterranea

Le sigillature di Thyrasia non sono ancora scrittura, ma anticipano la mentalità grafemica egea. Confermano che:

  • La Grecia non ha “importato” la scrittura: l’ha rielaborata da una tradizione locale con continuità storica, senza interruzioni e prestiti esterni.

  • L’alfabeto fenicio è un adattamento secondario di segni già circolanti tra Micenei, Cipro e Egitto.

Per approfondire:


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