Venerdì sera, Bari, crocevia tra Occidente e Oriente

Venerdì sera, Bari, crocevia tra Occidente e Oriente

La città vecchia di Bari custodisce una miriade di chiese antiche. Ma ce n’è una, sconosciuta a molti, che ha due caratteristiche che la differenziano da tutte le altre, infatti è la più antica (1032), ed è ancora oggi frequentata dai cristiani di lingua greca. 

Mi riferisco alla chiesa di San Giovanni Crisostomo, un luogo fondamentale per la mia famiglia, dove ancora oggi risuonano gli antichi canti in greco antico delle liturgie bizantine, che si trova in strada Santa Chiara, vicino al castello svevo e alla basilica di San Nicola, il patrono di Bari, figura che da sempre tende la mano agli ortodossi. La mia città, Bari, infatti riveste un grande ruolo nelle relazioni interreligiose e interculturali perché qui, nella Basilica romanica a lui dedicata, riposa San Nicola, il Santo più venerato anche in oriente e nei paesi dell’Est, che attira pellegrini da tutto il mondo. Siamo ormai agli sgoccioli della Quaresima per gli ortodossi, con la Pasqua ormai alle porte e con i tsourekia, koulourakia e uova rosse pronti a casa.

Anche la Pasqua ortodossa, come quella cattolica, celebra la Resurrezione di Cristo, e cade la domenica successiva alla prima luna piena dall’equinozio di primavera, ma, seguendo il calendario giuliano e non quello gregoriano, spesso le due non coincidono. Anche quest’anno sarà così, infatti si festeggerà domenica prossima, 5 maggio.

Così io da sempre, di buon grado, spesso festeggio due volte la Pasqua, perché parte della mia famiglia è di religione ortodossa. Tornando a San Giovanni Crisostomo… da bambina attendevo con ansia il venerdì santo (ortodosso) per andare con mia nonna materna in chiesa ad aiutare lei e altre signore a preparare l’Epitaffio, un catafalco fatto di legno, tutto intarsiato, che veniva, e viene tuttora decorato con tantissimi fiori intrecciati.

 

 

In realtà io curiosavo, tagliavo fiori, correvo fuori dalla chiesa, cercando di far amicizia con i bambini che giocavano per strada, sotto lo sguardo benevolo delle signore e di Papàs Ferrari, il vecchio parroco, una figura ieratica come poche, che, assorto nelle sue letture, con il viso vicinissimo ai libri perché i suoi studi di teologia in greco antico gli avevano rovinato irrimediabilmente la vista, di tanto in tanto sollevava gli occhi e mi guardava con uno sguardo che voleva essere severo, senza riuscirci, dietro i suoi occhiali spessi come fondi di bottiglia.

Il Venerdì Santo in Grecia è un giorno cruciale del periodo pasquale, è il giorno di astensione totale, il piu importatante della νηστεία, il digiuno. Mia nonna lo osservava severamente, con spirito profondo e solenne, attenendosi ai dettami religiosi durante il periodo quaresimale e cercava di farlo rispettare da tutta la famiglia, a volte senza grande successo.

Durante la cerimonia del venerdì sera, i fedeli vanno, metaforicamente, a visitare il sepolcro (’Epitaffio) prima che questo poi sia portato in processione nella strada di Bari vecchia antistante la chiesa. Il corteo è sempre  accompagnato dai credenti che tengono in mano candele accese di cera d’api, per questo scure.

 

Una volta che si ritorna davanti alla chiesa, l’Epitaffio viene sollevato sulle spalle da quattro uomini, di fronte alla porta di ingresso, cosicché tutti i partecipanti alla funzione possano passarci sotto per tre volte, prima di rientrare.

L’Epitaffio entra per ultimo, quando la chiesa è ormai gremita di gente e la cerimonia si avvia alla conclusione. Anche quest’anno è andata così, padre Antonio,  parroco della chiesa ormai da tantissimi anni, ha celebrato la funzione in greco antico, con la voce divenuta più flebile e procedendo più lentamente per il tempo che passa…

Καλή Ανάσταση ❤️

 

 

 

 

 

 

 

Elena Cannata

Educatore professionale, dottoressa in Scienze Politiche 

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